
Fondi pubblici al Cinema e propaganda globalistica foraggiata dallo Stato
Il sospetto che il Cinema, e l’Arte in generale, non fossero più il risultato della libertà creativa degli autori, bensì l’esito di una programmatica agenda volta ad assecondare solo alcuni tipi di progetti era da anni fondato, ma la questione relativa all’erogazione dei fondi pubblici gli ha finalmente dato una veste di certezza, spazzando via, da Hollywood a Cinecittà, ogni discorso apologetico fatto a riguardo.

Solo negli ultimi otto anni miliardi di euro derivanti da fondi pubblici sono stati destinati a opere che non sono riuscite nemmeno a pareggiare le spese o che, addirittura, non sono mai state effettivamente girate. Lo stesso Francis Kaufmann, l’uomo che, stando a quel che sappiamo, sarebbe stato l’autore dell’assassinio della propria figlia e della propria compagna consumatosi i primi di giugno presso Villa Doria Pamphilj, avrebbe intascato un milione di euro di Tax Credit per un’opera che non ha mai visto la luce. Da tempo le nostre tasse vengono infatti utilizzate per finanziare prodotti di dubbia qualità, il cui unico scopo parrebbe quello di produrre non Arte, ma strumenti di ingegneria sociale mediante i quali veicolare messaggi di assoluta perversione con cui plasmare la mente degli spettatori.
Il risultato di questa lunga e lenta deriva è stato l’inevitabile affossamento della nostra industria cinematografica, da cui in passato uscirono personaggi del calibro di Federico Fellini, Mario Bava, Carlo Rambaldi; e tutto ciò parrebbe aver solo ingrassato le tasche delle ristrette cerchie di intellettuali alla Professor Guidobaldo Maria Riccardelli, racchiusi nelle loro ville a discutere in esclusivissimi cinefora su quanto sia rozzo, razzista e pietoso il volgo italico, che va pertanto indottrinato con ogni mezzo a loro disposizione.
Rari sono oramai i guizzi di originalità, dato che, almeno a giudizio dello scrivente, l’ultima produzione nazionale degna di nota risale ormai a Il Primo Re, di Matteo Rovere, proiettato nelle sale nell’anno 2019, mentre il resto delle pellicole scade in generi ascrivibili solo al poliziesco, al romantico/drammatico e al socialmente impegnato.
La differenza tra la propaganda e l’istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare”, S. Hessen, Ideologia e autonomia dell’educazione e della pedagogia, 1962.
I tanti registi indipendenti e talentuosi che provano a deviare dal percorso tracciato vengono confinati in un limbo, privati di mezzi e finanziamenti.
Niente che non sia affine al pensiero globalistico, fatto solo di ingombrante vuoto, riesce a oltrepassare tale muraglia.
Se una volta la magia del cinematografo – e della letteratura – permetteva alle nuove generazioni di creare Mondi, ora, tramutatasi in tetra omelia, bacchetta a guisa di inetta maestrina gli allievi stupidi e analfabeti, in modo da renderli acefali soldatini privati di senso critico.
Ma forse la decostruzione degli ambienti hollywoodiani, riverberatasi sino alle nostre terre, potrebbe finalmente risollevare la Settima Arte dalla sua china, liberandola dal giogo di cui è vittima.