
Leonardo da Vinci: il primo dei geni esiliati
La lista di personaggi geniali e poliedrici che si sono ritrovati a dover lasciare l’Italia per veder riconosciuti i propri talenti è tristemente lunga e sarebbe arduo elencare i singoli casi in modo esaustivo, tuttavia la vicenda di Leonardo da Vinci può quasi essere considerata archetipica, dato che casi simili hanno in séguito attraversato tutta la storia del Nostro Paese, tanto da evolversi in uno dei maggiori problemi del presente.

Il personaggio di Leonardo di ser Piero da Vinci non ha certo bisogno di presentazioni: nato ad Anchiano il quindici aprile 1452, è divenuto una vera e propria leggenda nel corso del tempo, tanto che su di lui sono stati scritti libri e girate pellicole. Quando si pensa alla sua persona, la mente corre subito a opere pittoriche quali La Gioconda, eppure il da Vinci dimostrò il proprio talento in ogni ambito della Tecnica, fatto che lo trasformò in una vera personificazione della figura dell’uomo d’ingegno e talento universale tipica del pensiero rinascimentale, essendosi reso autore di studi che spaziano dall’anatomia alla matematica, dall’ingegneria alla biologia e ben oltre. Precorse i tempi in qualsiasi ambito, progettando prototipi di macchine belliche e anticipando stili artistici che sarebbero comparsi soltanto dopo molti secoli.
Ma sempre vera è la massima cristica del Nemo propheta in Patria e la sete di Sapienza lo portò a essere a volte incompreso, a volte inviso. Molti dei suoi contemporanei avevano male accettato il suo genio, che quindi lo costrinse all’esilio.
Correva l’anno 1516 e la penisola era devastata dalle guerre e dalle invasioni francesi, guidate da Re Francesco I; allora Leonardo, su invito del sovrano d’oltralpe, scelse di recarsi nei pressi di Amboise. Ivi trascorse un periodo sereno, assistito dall’allievo Francesco Melzi, e poté dedicare sé stesso ai propri studi pionieristici e alla ricerca scientifica a lui tanto cara.
Il due maggio 1519, pochi giorni dopo aver redatto il proprio testamento, Leonardo si spense nel maniero di Clos-Lucé, presso Amboise, circondato dallo sconforto dei presenti; lo stesso Francesco I si recò sul posto, abbandonandosi al pianto. E dunque così si concludeva la parabola della vita della più grande espressione del Rinascimento Italiano.
Si muovono gli amanti verso i simulacri delle cose amate, a parlare con le imitate fatture”, L. da Vinci, Scritti letterari.
Da allora la maledizione di da Vinci si è propagata nel tempo e sovente l’Italia ha visto le sue menti migliori emigrare, lasciandosi alle spalle la Patria che le aveva tradite.
Virgulti cresciuti anzitempo e condannati allo sradicamento da ostacoli troppo alti per essere oltrepassati.
Anche oggi continuiamo a sentire storie di giovani promettenti che, vuoi per necessità o per ostilità da parte dell’ambiente che li circonda, vuoi per la propaganda globalistica o per il mito dell’Estero come Salvezza, salpano dalle avite sponde in direzione dell’Ignoto.
Un Ignoto che però, a differenza di quanto accadde a Leonardo, non porterà quasi mai gratificazione o grandezza, ma solo isolamento e una torbida mescolanza di futili pensieri e corpi vuoti.