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“Ossi di seppia”, il miracolo poetico di Montale, compie cento anni

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Nel 1925 usciva a Torino la raccolta poetica Ossi di seppia , forse l’opera più celebre del premio Nobel ligure Eugenio Montale, la quale proprio quest’anno festeggia un secolo di vita.


Forse un mattino andando in un’aria di vetro,

arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:

il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro

di me, con un terrore di ubriaco.

Sono questi alcuni versi, rivelatori del talento di Eugenio Montale che, all’epoca, aveva 29 anni, diplomato ragioniere e letterato autodidatta.

Eugenio Montale assorto nella lettura
Eugenio Montale

Ossi di seppia costituisce uno snodo essenziale nella storia della poesia italiana e l’autore resta una figura imprescindibile nel panorama della letteratura del Novecento, possedendo la stessa capacità di testimonianza che ebbero Dante e Petrarca prima di lui. Quando nel 1975 l’Accademia di Svezia gli conferì il Premio Nobel, nella motivazione venne evidenziato che “la sua poesia , con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani in seno ad una visione della vita priva di illusioni”. Montale ha poeticamente rappresentato la decenza quotidiana, una postura sempre più rara in ogni ambito della vita umana, e l’esigenza di accettare la frattura con la realtà, che si ricompone solo in certi momenti eccezionali, i cosiddetti “miracoli”.

Il messaggio di Montale è ancora oggi attuale e si concretizza nello slancio spontaneo a fare il proprio dovere malgrado tutto, secondo un principio morale ma non moralistico; il suo discorso poetico ci fornisce l’esempio di come, nonostante un mondo soffocante e opprimente, sia possibile incontrare un piccolo respiro, un’oasi che dia sollievo.

Il tempo degli eventi è diverso dal nostro”, E. Montale, Diario Postumo

Il poeta intravede dei momenti di ristoro nel ricordo di oggetti animati o inanimati, che rappresentano amuleti o antidoti con cui lenire il dolore e la morsa della realtà.

In Ossi di seppia , infatti, il lampo del ricordo evidenzia il mare, i limoni, il muro simbolo di prigionia, la maglia rotta di una rete che rappresenta un varco verso la libertà

In ognuno di questi oggetti si condensa, quasi magicamente, il miracolo rivelatorio dell’essenza della vita, di quella vita che il poeta può apprezzare solo a sprazzi, soffrendo in parte per una sorta di intima disarmonia con la realtà.

Come pochi altri scrittori nel corso del Novecento, Eugenio Montale ha offerto un esempio di vita e di scrittura, di cui il nostro secolo ha raccolto l’eredità.