Salvatore Todaro, Samaritano dei mari
Fra le tante storie di umanità che fanno a stento capolino in mezzo ai tristi anni della Seconda Guerra Mondiale, la vicenda che vide protagonista il comandante Salvatore Bruno Todaro ci mostra come anche nei periodi più oscuri la Luce non smetta mai di brillare e come certe dinamiche trascendano la semplicistica dicotomia Bene/Male propinataci da certe “Sorgenti di Verità”.
Insignito del grado di Capitano di Corvetta il primo luglio del 1940, Salvatore Todaro (1908 – 1942) ottenne ben presto il comando del sommergibile Comandante Cappellini, facente parte di una classe di veicoli pensati per operare nelle acque dell’Atlantico (sommergibili oceanici di Classe Marcello), e, allo scoppio del Conflitto, fu inviato presso la base di Bordeaux, in cui aveva sede parte delle forze navali delle Potenze dell’Asse. E fu proprio in quell’anno, durante la notte del 16 ottobre, che, avvistato il piroscafo belga Kabalo al largo dell’isola di Madera, lo affondò a colpi di cannone, rispondendo al fuoco del nemico, che attaccò per primo. L’atto avrebbe in seguito portato alla dichiarazione di guerra tra Italia e Belgio, sebbene indagini successive abbiano rivelato la presenza di componenti belliche destinate alle truppe Alleate a bordo della nave, che era parte di un convoglio inglese.
Una volta che i flutti ebbero inghiottito i resti del mezzo, l’equipaggio del Comandante Cappellini avvistò diversi naufraghi, alcuni in acqua, altri sopra le scialuppe, e allora Todaro, senza esitazione, diede ordine di recuperarli e decise di ospitarli a bordo fino a quando non avessero raggiunto le Isole Azzorre, dove li avrebbe fatti sbarcare. Si narra però che, prima di congedarsi, il capitano belga, il cui nome era Georges Volges, gli abbia chiesto il perché delle sue attenzioni nei confronti di un nemico: “Vede […] io le avrei sparato addosso con il cannone, scusi la mia franchezza”, ammise.
Ultimi articoli
E a questa sincera confessione, a quanto si narra, seguì la risposta: “Sono un uomo di mare come Lei. Sono convinto che al mio posto avrebbe fatto come me”. Così si congedò Todaro, ma Volges chiese di poter almeno sapere il nome del suo salvatore, in modo da rivelarlo ai propri figli. E Todaro disse di chiamarsi Salvatore Bruno.
…una civiltà vecchia di duemila anni impone agli italiani doveri che altri popoli possono anche fare a meno di sentire”, S. Todaro.
– Luigi Einaudi
Le sue azioni provocarono le ire dell’ammiraglio tedesco Karl Dönitz, che lo paragonò sprezzantemente a un moderno Buon Samaritano.
Nessuno, a detta sua, avrebbe mai mostrato un comportamento così caritatevole.
Lapidaria giunse però la risposta, che non si fece attendere e fu tanto potente e incisiva da essere in seguito entrata nella storia della Marina Militare Italiana: “Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà alle spalle” disse.
La morte lo avrebbe colto il 13 dicembre del 1942, quando, di rientro da una missione notturna, rimase vittima di un attacco aereo inglese e morì sul colpo.